Ha scritto A. MENDINI

C’è un genere di design che si pone gli stessi obiettivi della scultura astratta e geometrica.
Così come c’è un genere di scultura astratta che assume in sé i problemi del design, ovvero persegue l’ipotesi di realizzare oggetti funzionali. Piero Papari lavora da vari anni immerso dentro questo affascinante, e forse non resolubile, dilemma.
Sculture di lampade, prevalentemente. Un continuo laboratorio il cui pendolo e la cui energia oscillano tra il principio del ” fatto a mano” e l’utopia ripetitiva del multiplo, in un gioco compositivo di tipo costruttivista. L’idea culturale di moltiplicabilità sembra rifarsi a Benjamin con nostalgie anche dell’eroismo degli anni cinquanta (le lampade di Sarfatti). E’ un linguaggio fatto di stilemi elementari, linee dritte e curvate, superfici triangolari e circolari, lievi tensioni, colori puri, prevalenza del nero opaco.
E’ un sistema di materiali basici, tubo e lamiera metallica, alcuni piani di legno, lastre o palle di vetro trasparente o satinato. Un linguaggio preparato per essere acceso dovunque, perché lo stile è apolide ed anche atemporale.
Oggetti misteriosi, di ben difficile attribuzione, non capisci da dove possano arrivare: Europa, Italia, Giappone?
Il pensiero e la matita di Papari viaggiano in un loro luogo mentale, in una geografia personale di affezioni e attenzioni dentro alle quali non occorre troppo indagare: sono i suoi intuiti, i sogni, le memorie.
Quello che interessa è il risultato: trovarsi cioè davanti a degli oggetti personaggio, a dei robot pieni di dinamiche spaziali che messi in una stanza ne captano e riorganizzano i flussi e gli equilibri.
Papari è una persona complessa e tormentata, che richiede e pretende molto da sé stesso e dai propri segni. Ma noi come fruitori dei suoi oggetti li vediamo liberi, positivi, una storia, una lunga e coerente collezione.

A. Mendini

Febbraio 2000

LA STAMPA

(Prima delle cartelle stampa)